ETF vs. Fondi Comuni di Investimento: quale scegliere?

Nel mondo della finanza personale, una delle decisioni più importanti riguarda la scelta dello strumento giusto per costruire e far crescere il proprio patrimonio. Due tra le opzioni più popolari sono:

  • i fondi comuni di investimento, tradizionali e ancora largamente utilizzati,
  • e gli ETF (Exchange-Traded Funds), strumenti più recenti ma in continua espansione.

Capire quale dei due sia più adatto non è una questione di moda, ma di efficienza, coerenza con i propri obiettivi e aderenza al profilo di rischio dell’investitore.

Cosa sono e come funzionano

Fondi comuni di investimento

Sono prodotti gestiti da società specializzate (SGR) che raccolgono il capitale di molti investitori per investirlo in portafogli diversificati di azioni, obbligazioni, strumenti monetari, ecc. I gestori decidono attivamente cosa comprare e cosa vendere.

I principali vantaggi:

  • Diversificazione immediata
  • Accesso a strategie professionali
  • Ampia varietà di comparti (azionari, obbligazionari, misti, settoriali)

Gli svantaggi:

  • Costi molto elevati, tra commissioni di gestione, performance, ingresso e uscita
  • Rischio gestore: la performance dipende fortemente dalle decisioni del team
  • Bassa trasparenza e aggiornamenti poco frequenti sulle posizioni detenute

Quando si analizza un fondo comune di investimento, è utile seguire questi step:

  1. leggere la documentazione, esaminare attentamente il prospetto informativo e il KIID (Key Investor Information Document) per comprendere gli obiettivi, la strategia e i rischi del fondo.
  2. annotare i dati necessari, raccogliere informazioni chiave come il rendimento storico, le commissioni, il benchmark di riferimento e la volatilità del fondo.
  3. valutare come il fondo si posiziona rispetto ai propri obiettivi di investimento e al profilo di rischio.

confrontare la performance del fondo con quella di un benchmark appropriato e con altri fondi simili, utilizzando indicatori come il rapporto costi/benefici, lo Sharpe ratio e il tracking error. Attenzione: Alcuni fondi comuni non hanno un benchmark dichiarato, o si definiscono “flessibili”, questo fa sì che sia molto complicato verificarne l’effettiva efficienza rispetto al mercato di riferimento.

ETF (Exchange-Traded Funds)

Sono fondi passivi quotati in Borsa che replicano la performance di un indice (es. MSCI World, S&P 500, EuroStoxx 50). A differenza dei fondi attivi, non cercano di battere il mercato, ma di replicarlo fedelmente.

I vantaggi chiave:

  • Costi estremamente bassi (TER spesso tra 0,05% e 0,30%)
  • Nessun rischio gestore, poiché la replica è meccanica
  • Altissima trasparenza e flessibilità: si comprano e vendono in Borsa come le azioni
  • Ampia varietà di scelta: settori, Paesi, materie prime, strategie ESG, duration, fattori di rischio

Esistono diversi tipi di fondi comuni d’investimento così come di ETF, ognuno con obiettivi di investimento specifici. Eccone alcuni.

Fondi azionari: investono principalmente in azioni di società quotate in borsa. Questi fondi possono concentrarsi su regioni geografiche specifiche, settori industriali o capitalizzazioni di mercato.

Fondi obbligazionari: investono principalmente in obbligazioni emesse da governi, enti locali o società. Possono variare in base alla qualità del credito, alla durata e al tipo di obbligazioni detenute.

Fondi del mercato monetario: investono in titoli a breve termine ad alta liquidità, come certificati di deposito e titoli del tesoro a breve termine. Sono considerati investimenti a basso rischio e sono spesso utilizzati per la gestione della liquidità a breve termine.

Fondi bilanciati o misti: investono in una combinazione di azioni, obbligazioni e altri strumenti finanziari, allo scopo di bilanciare il potenziale di crescita con la stabilità del reddito.

Fondi settoriali o tematici: concentrano gli investimenti in un settore specifico dell’economia o in un tema di investimento specifico, come energia rinnovabile, tecnologia o salute.

Quindi sfatiamo il primo mito che viene spesso proclamato dai bancari, ovvero “gli ETF sono rischiosi”! Questa frase è priva di senso perché gli ETF sono rischiosi esattamente come i fondi comuni, ovvero molto o poco in base agli asset sul quale investono.

Performance: cosa ci dice la storia?

Andando nel dettaglio quindi, gli ETF fanno parte della famiglia dei “fondi comuni”, ma rispetto a questi ultimi non prevedono il cosiddetto “rischio gestore”. Gli ETF, in breve, si prefiggono lo scopo di replicare l’andamento di un determinato indice (benchmark) in modo lineare senza cercare di batterlo. La gestione passiva implica la totale assenza di discrezionalità da parte del gestore. L’acquirente, infatti, conosce a priori i titoli in cui il prodotto investirà.

Il report SPIVA (S&P Indices Versus Active) di Standard & Poor’s, una delle agenzie di rating più autorevoli al mondo, confronta sistematicamente i rendimenti dei fondi comuni di investimento con quelli degli indici di riferimento che cercano di battere. I risultati di questo report evidenziano una realtà spesso trascurata. Infatti, la maggior parte dei fondi comuni gestiti attivamente non riesce a superare le performance dei loro benchmark di riferimento nel lungo periodo. A questo punto la domanda sorge spontanea: “ha senso comprare un fondo attivo bancario pagandolo venti volte più di un ETF e ottenendo meno rendimento di quest’ultimo?”. Sappi che è una domanda retorica.

E allora, perché pagare per una gestione che mediamente fa peggio di un ETF?
Semplice: non ha senso.

Spesso il rendimento dipende più dall’andamento del mercato che dalle scelte del gestore. È un’illusione comune credere che cambiare banca o fondo attivo migliori i propri risultati: ciò che conta è il mercato sottostante, non il venditore.

Costi: un nemico silenzioso

Il mondo degli investimenti è un po’ strano. Nella vita di tutti i giorni siamo abituati a pensare che a un maggior costo corrisponda normalmente una qualità più elevata. Pensa a un oggetto qualunque, un maglione: sarai d’accordo con me se dico che un maglione in puro cashmere da diverse centinaia, se non migliaia di euro, sia qualitativamente migliore e più duraturo di uno in sintetico acquistato in qualche catena. É normale, nella nostra vita quotidiana un costo elevato è mediamente sinonimo di qualità. 

Nel mondo della finanza e degli investimenti, invece, è esattamente il contrario: più paghi e meno ottieni dai tuoi investimenti.

Ecco perché è di fondamentale importanza ridurre il più possibile i costi associati all’investimento e liberarsi dei prodotti finanziari più costosi, perché sono solo una zavorra che ti impedisce di ottenere il giusto rendimento dai tuoi investimenti.

Guarda le differenze di costo tra un ETF (un Exchange Traded Fund) e una Polizza Vita Unit Linked: è un abisso, su 100.000€ investiti parliamo di una differenza di oltre 2.500€ di costi in più ogni singolo anno! Quindi, se all’interno del tuo portafoglio di investimenti hai uno o più fondi comuni di investimento, polizze assicurative di natura finanziaria, gestioni patrimoniali o certificati di investimento, fai estrema attenzione perché i loro costi stanno letteralmente uccidendo i tuoi rendimenti e ti stanno impedendo di guadagnare quanto dovresti.

Come vedi, i costi dei prodotti di investimento vengono espressi in percentuali. Percentuali del 2%, 3%, 4% all’anno che a leggerle così possano sembrare basse. Ma cosa accade a un investimento che costa il 3% all’anno? Nei grafici presenti a seguire stiamo simulando un investimento di 100.000 euro in un’unica soluzione per 30 anni. Nel grafico 1 il portafoglio ha un rendimento medio del 4% all’anno, quindi per tutti i 30 anni. Il montante finale da 100.000 euro diventerà 324.340,00 euro. Più di tre volte il capitale iniziale.

Questo tipo di risultato difficilmente potrà avvenire con un investimento effettuato tramite l’industria del risparmio gestito, in quanto gli investimenti sono gravati da troppi costi inutili.

Nel grafico in basso ipotizziamo di effettuare lo stesso investimento con un costo del 3% annuo; questo si tradurrà con un rendimento che dal 4% diventerà dell’1% all’anno. Cosa succederà al tuo investimento? Il montante finale dopo 30 anni sarà di 134.785,00 euro. L’investitore in questi casi potrebbe essere deluso dal basso rendimento, ma il più delle volte sarà anche soddisfatto di aver incrementato il capitale iniziale. Quello che non sa è che con questo misero rendimento non è riuscito neanche a contrastare l’inflazione di questi 30 anni e che in realtà ha lasciato la maggior parte del guadagno per strada.

Per sapere quanto stai pagando devi richiedere al tuo gestore il Rendiconto MiFID II, in modo da leggere nero su bianco i costi dei vostri investimenti anno per anno. Inoltre, devi sempre considerare che i rendimenti sono incerti per definizione, mentre i costi sono sempre certi. Il rendimento medio a lungo termine è, per l’appunto, una media. I mercati finanziari non offrono sempre lo stesso rendimento lineare, stabile e preciso tutti gli anni. Sarebbe bello, ma non è così.


A una media del 5% all’anno ci si arriva anche attraverso anni sia particolarmente negativi che positivi. Cosa significa questo? Che tu pagherai il 3% anche negli anni in cui i rendimenti che otterrai saranno negativi, perché ricorda: i rendimenti sono incerti, i costi sono sempre certi, come la morte e le tasse. Ciò significa che, negli anni positivi, i costi sono come una zavorra per i tuoi rendimenti perché guadagni comunque poco. Negli anni negativi, i costi sono una trivella che ti fa sprofondare ancora di più, perché tu perdi ancora di più a causa dei costi.

Conclusione: cosa scegliere davvero?

Nel confronto ETF vs. fondi comuni, gli ETF risultano vincenti nel 90% dei casi per:

  • Efficienza nei costi
  • Trasparenza
  • Flessibilità operativa
  • Coerenza con il mercato

I fondi comuni possono avere ancora senso in contesti specifici, se gestiti da professionisti di comprovato valore, con strategie in mercati difficili da replicare. Ma per la grande maggioranza degli investitori, gli ETF sono la scelta più strategica.

Come scrivi nel mio libro Investitore Strategico: “Pagare per fare peggio del mercato non è strategia, è inconsapevolezza. L’investitore strategico sa che la semplicità vince.”

Proteggiamo il patrimonio dei nostri clienti privati e aziendali dai conflitti di interesse e dalle turbolenze dei mercati finanziari aiutandoli a raggiungere i propri obiettivi di vita.

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