Quando si comincia a investire, è facile cadere in trappole che sembrano quasi fatte apposta per chi è alle prime armi. E non parlo solo di errori tecnici: spesso sono gli atteggiamenti, le aspettative e le emozioni a metterci i bastoni tra le ruote.
Ci sono passato anche io. E ogni volta che parlo con nuovi investitori, rivedo gli stessi schemi che si ripetono. In questo articolo ho raccolto gli errori più comuni che ho visto (e che ho fatto anch’io, all’inizio). Se riesci a riconoscerli in tempo, sei già un passo avanti.
Il primo errore? Cercare il colpo grosso.
Appena si mette piede nel mondo degli investimenti, si è bombardati da storie di chi ha “fatto il botto” con una criptovaluta o un’azione tecnologica. E così si finisce a cercare “l’operazione giusta” per moltiplicare il capitale in poco tempo.
Ma investire non è giocare alla lotteria. Non serve indovinare il prossimo Apple o il prossimo Bitcoin. Serve un piano. Serve disciplina. E serve tempo. Chi cerca il colpaccio, spesso finisce con una brutta sorpresa.
Poi c’è la confusione tra risparmiare e investire.
Tantissime persone pensano di “investire” quando mettono i soldi in un conto deposito, o magari nei BTP a breve scadenza. Ma quello non è investire: è parcheggiare liquidità.
Investire significa far lavorare il proprio capitale nel tempo, accettando una dose di rischio controllato in cambio di un potenziale rendimento. E serve un orizzonte temporale chiaro. Se pensi di aver bisogno dei soldi tra sei mesi, non stai investendo. Stai risparmiando.
Un altro classico? Ignorare i costi.
C’è una cosa che non viene detta abbastanza: i costi contano. Eccome se contano.
Un fondo che ti costa l’1,5% all’anno ti ruba una fetta importante di rendimento, anno dopo anno. E se pensi che l’1% sia poco, prova a calcolare quanto incide su un investimento di 100.000 euro in 20 anni. (Spoiler: tantissimo).
Ma non è solo una questione di numeri. È anche una questione di strumenti.
Molti risparmiatori si avvicinano al mondo degli investimenti attraverso i canali più comodi e rassicuranti: la banca sotto casa, il promotore che conoscono da anni, il consulente che li chiama ogni tanto con “una proposta interessante”. Il problema? Spesso questi canali offrono prodotti finanziari standard, costosi e poco efficienti: fondi a gestione attiva con commissioni elevate, polizze assicurative “multi-ramo” che mescolano investimento e copertura, strumenti opachi pieni di costi nascosti.
Sono prodotti pensati più per chi li vende che per chi li acquista. E sono ovunque. Ci bombardano con brochure, telefonate, promozioni “valide solo fino a fine mese”. Ma non è da lì che passa una strategia d’investimento seria.
Meglio strumenti semplici, trasparenti, con costi chiari e comprensibili. Meglio sapere cosa si sta pagando, e soprattutto perché. Perché la performance non è mai quella “lordo” sul depliant. È quella netta che ti resta in tasca. E spesso, quel che ti resta è molto meno di quanto pensavi.
Poi c’è l’errore forse più umano: farsi guidare dalle emozioni.
Il mercato sale e hai paura di restare fuori, quindi entri quando ormai è troppo tardi. Il mercato scende e ti spaventi, quindi vendi nel momento peggiore.
È normale. Ma chi investe con la pancia, finisce per comprare alto e vendere basso. Esattamente il contrario di quello che si dovrebbe fare. L’investitore strategico, invece, costruisce un piano e lo rispetta. Anche quando è difficile. Anche quando sembra che tutti gli altri stiano facendo il contrario.

E poi c’è il mito del “battere il mercato”.
Tutti pensano di poter trovare l’azione giusta, il timing perfetto, il portafoglio magico. Ma la verità è che anche i gestori professionisti, con squadre intere di analisti, raramente riescono a far meglio del mercato nel lungo periodo.
Perché dovresti riuscirci tu, dal tuo smartphone, tra un post e l’altro su Instagram?
Investire non è dimostrare quanto sei bravo. È costruire un sistema che funziona, anche quando tu non sei lì a controllarlo ogni giorno.
Un altro rischio? La mancanza di diversificazione.
È un errore molto comune: si sceglie un singolo investimento, magari quello di cui tutti parlano in quel momento, e ci si butta dentro con tutto quello che si ha. Tutti i soldi su un’azione tecnologica “che non può fallire”. Tutti i risparmi in una criptovaluta “che tanto raddoppia in sei mesi”. Oppure – il classico intramontabile – tutto su un immobile “perché il mattone è sicuro, non si svaluta mai”.
Il problema è che nessun investimento è infallibile. Nessuno. La storia dei mercati è piena di esempi di aziende considerate indistruttibili che sono crollate, di bolle esplose all’improvviso, di settori che sembravano dorati e poi hanno perso valore per anni. E gli immobili? Anche loro hanno cicli, rischi, costi nascosti e, spesso, una scarsa liquidabilità.
Diversificare non significa rinunciare al rendimento, né “giocare troppo in difesa”. Significa usare l’intelligenza finanziaria per distribuire il rischio in modo sano, su più asset, più strumenti, più mercati. Significa accettare che non possiamo prevedere tutto, ma possiamo proteggerci da ciò che non sappiamo.
Un portafoglio ben diversificato è come una barca solida: non affonda se una vela si rompe o se arriva un’onda improvvisa. Magari rallenta, magari deve cambiare rotta, ma resta a galla.
Chi mette tutto su un solo cavallo, magari vince una corsa. Ma chi diversifica, ha più probabilità di arrivare in fondo, integro, alla maratona.
Infine, l’errore più grande di tutti: non avere un piano.
Senza un piano, ogni investimento è una scommessa. E chi scommette, prima o poi perde.
Un piano solido parte dai tuoi obiettivi: cosa vuoi ottenere, in quanto tempo, con che grado di rischio sei disposto a convivere. Il resto – strumenti, percentuali, allocazioni – viene dopo. Ma senza quella base, tutto il resto è aria fritta.
Se ti sei riconosciuto in uno o più di questi errori, non c’è niente di male. Anzi, sei in buona compagnia. L’importante è non restarci intrappolati.
Nel mio libro Investitore Strategico racconto proprio questo: come passare dall’improvvisazione alla strategia, dai tentativi casuali a un metodo solido, replicabile e sostenibile nel tempo. Perché chi inizia col piede giusto, arriva molto più lontano.