IL MUTUO

Immobili e mutui: il grande amore degli italiani. 

Gli italiani non hanno dubbi quando si parla di investimenti, il mattone è considerato come il sacro Graal. Tradizione che si tramanda di generazione in generazione da moltissimo tempo, quasi uno status, e per le generazioni più anziane sinonimo di crescita e responsabilità.  

Cresci, trovi un lavoro e ti compri una casa. 

Semplice e lineare. 

Con un mutuo sulle spalle, spesso ventennale o più, entri di diritto a far parte della società degli adulti. Il mutuo quasi ti qualifica come persona responsabile, su cui la collettività potrà fare affidamento.  

E poi diciamocelo, la casa è un investimento sicuro! 

Il valore degli immobili non può fare altro che salire, motivo per cui il primo investimento che qualsiasi italiano “rispettabile” dovrebbe fare è comprare casa, e se si è così bravi da estinguere il mutuo perché non accenderne un altro per comprarne una da mettere a rendita?  

Questo è il mantra che ciascuno di noi, o almeno io, si è sentito ripetere per moltissimo tempo come una verità assoluta e ineluttabile.  

Insomma, non c’è scelta, comprati ‘sta casa ed entra a pieno titolo nella società degli adulti. 

Questo approccio assolutista però mi ha sempre lasciato perplesso. Nessuno mai ha saputo darmi una spiegazione razionale del perché di tali affermazioni, né tanto meno mostrarmi numericamente tutte le belle parole spese nel merito di un investimento immobiliare. 

Vorrei quindi oggi, con voi, approfondire tutte queste affermazioni per scoprire cosa c’è di vero e cosa invece andrebbe valutato attentamente in corso di acquisto di una casa. 

Partiamo facendo delle considerazioni generali per determinare se accendere un mutuo per comprare la prima casa è considerabile come investimento. 

Successivamente andremo a fare altre ipotesi riguardo la possibilità di acquisto di un immobile per metterlo a rendita. 

Infine, daremo uno sguardo alla situazione immobiliare in italia nell’ultimo decennio con un occhio di riguardo al presente e qualche considerazione generale su quello che ci aspetta. 

Siete pronti? Incominciamo! 

Vorrei in primo luogo “smontare” il falso mito dell’investimento nella prima casa. 

Non è bello da leggere, ma comprare la prima casa non è assimilabile a un investimento. Perché vi starete domandando? 

Ebbene le ragioni sono di diversa natura, ma prima di andare ad approfondirle, cerchiamo di dare una definizione di investimento che abbia dei paletti ben definiti entro cui muoversi. 

Un investimento necessita, per essere definito tale, di avere alla base dello stesso delle valutazioni il più oggettive possibili, in grado di fornire un riscontro numerico comparabile con altre opzioni per poter decidere sulla base dei numeri, quale sia il progetto migliore in cui impiegare il nostro capitale. Mi spiego meglio, un investimento ha bisogno di rispondere ad alcune domande di carattere puramente tecnico, in grado di fornire un prospetto economico-finanziario dell’intera operazione. 

Alcune di queste domande sono: quanto durerà l’investimento? Quali sono gli scenari futuri che si prospettano? In base agli scenari preventivati a quanto ammonta il ritorno atteso? 

Sfido chiunque abbia mai acquistato una prima casa (per viverci, s’intende) ad aver mai affrontato tutti questi tediosi ragionamenti, confrontando per tutte le opzioni in esame i vari indici di redditività! 

Diciamocelo, sarebbe pura follia. 

In compenso, nella scelta di una prima abitazione in cui vivere rientrano alcune considerazioni che nulla hanno a che fare con il mondo degli investimenti. Ad esempio, ci sono aspetti legati alla vita quotidiana che assumono un valore estremamente rilevante quali, la distanza dal luogo di lavoro, il vicinato più o meno affabile, la vicinanza ad amici e parenti e chi più ne ha più ne metta. 

Tutti questi elementi non possono far altro che distorcere la valutazione di un investimento fino a cambiare radicalmente la valutazione meramente economica che potremmo fare. 

Ci sono altre considerazioni per cui l’acquisto di una prima casa non è davvero definibile come investimento. 

Bada bene, questo non significa che sia sbagliato acquistare casa. 

Semplicemente il processo decisionale dev’essere guidato da altri fattori rispetto a quello meramente economico. 

Se avere la prima casa migliora il tuo comfort di vita si tratta di un acquisto che in determinate circostanze economiche può avere senso, ma che deve essere tenuto sempre ben separato dagli investimenti veri e propri. 

“L’acquisto della prima casa a scopo abitativo non è considerabile un investimento, ma scopriamo come può esserlo.” 

Parliamo di ciò che invece può esserlo. 

Uno degli investimenti più gettonati in ambito immobiliare è l’acquisto di una seconda casa il cui affitto potrà andare a coprire l’esborso mensile del mutuo. Così, ripagato il prestito alla banca, disporremo id un capitale e un flusso di cassa pulito con cui integrare i nostri redditi. Sembra tutto perfetto vero? Ebbene anche in questo caso mi spiace darvi una brutta notizia, purtroppo non è così semplice come sembra e anche in questo caso è necessario approfondire la situazione per poter valutare correttamente l’impiego del capitale. 

Visto che ci piace fare riferimento a casi pratici, numeri alla mano, prendiamo in considerazione un appartamento nella periferia di Milano dal valore di 120.000 euro, con un mutuo a 15 anni e una rata di approssimativamente 500 euro. I numeri sono inventati ma verosimili, così come è verosimile la possibilità di poterlo affittare per circa 600 euro al mese. 

A questo punto non abbiamo altro di cui preoccuparci no? 

Beh, non proprio. Anzi in verità sono svariati i punti da tenere in considerazione, andiamo a vederne alcuni in maniera non esaustiva per non appesantire l’argomento:  

Spese di compravendita 

Prima di tutto è bene ricordare che durante tutto il processo di acquisizione di una casa sono presenti delle spese che non sono incluse nel computo precedente. Tra queste chiaramente impattanti sono le commissioni dell’agenzia e la parcella del notaio, ma non sono le uniche! Vi sono le spese di perizia della banca, così come quelle di istruttoria e l’imposta di registro, che per le seconde case è al 9%. 

Per farla breve il costo dell’acquisto di un immobile è chiaramente più alto del suo valore di mercato, ed è bene tenere in conto fino a un 10% di maggiorazione. 

Tasse 

Diventati i proprietari dell’immobile, anche se all’atto dei fatti non lo sarete fino all’estinzione del mutuo e conseguente rimozione dell’ipoteca, lo stato busserà alla porta sotto forma di tasse da pagare. Per una seconda casa le tasse dovute sono quattro (oltre alla tassazione dei profitti): IRPEF, IMU, TASI e TARI. 

Qui si aprono diversi scenari a seconda della tipologia di locazione e del comune in cui è sito l’immobile, ma tra le numerose sigle e le normative fumose ci sarebbe da dedicare un intero numero solamente a queste differenze. 

In questa sede basti sapere che a gravare sul proprietario dell’immobile sono, anche in questo caso, percentuali importanti in grado di impattare il rendimento dell’investimento in maniera significativa.  

Spese di manutenzione 

Come dimenticarsi delle spese di manutenzione dell’immobile? Ci sono quelle ordinarie e quelle straordinarie, quelle facili da prevedere e quelle che ci piovono addosso dal nulla. 

L’unica certezza è che ci sono e vanno tenute in considerazione ancor prima di passare all’azione. 

Per questa voce di spesa è bene preventivare un budget tanto maggiore quanto più è vecchio l’immobile in questione. Ogni anno che trascorre l’usura colpisce anche la nostra casa e sempre più frequentemente ci saranno lavori di manutenzione, anche straordinaria, da tenere sotto controllo. 

Avere un budget dedicato ci consente di non farci cogliere impreparati davanti a situazioni urgenti

Problematiche varie 

Altra problematica a cui si dedica un approccio solo superficiale è la possibilità che l’inquilino non paghi. Stesso discorso per eventuali periodi sfitti per mancanza di richiesta o eventuali ristrutturazioni. E’ facile scordarsene, ma eventi di questo genere capitano periodicamente ed è bene tenerne conto. 

Altra possibilità è che l’immobile perde di valore traducendosi in un adeguamento dell’affitto nel lungo periodo.  Tempo 

Un fattore estremamente sottovalutato da parte di praticamente tutti coloro che sognano di costruirsi un impero immobiliare e vivere di rendita tramite l’affitto di svariate unità abitative è proprio il fattore tempo. 

Qui è importante mettere nella giusta prospettiva un fattore così delicato e intangibile. 

Quanto vale il vostro tempo? Tanto? Poco? Non ha prezzo? 

Questa è una domanda che tendenzialmente non ha risposta univoca, ma c’è un fattore con il quale è possibile calcolare, almeno numericamente, il valore del nostro tempo. 

Questo aspetto è molto importante perché, affittare un appartamento sembri un’entrata completamente passiva, in realtà richiede del lavoro da parte del locatario. 

Questo tempo è speso in diverse fasi, dalla ricerca degli inquilini, passano per la manutenzione fino a occuparsi delle annose questioni burocratiche. 

Tutte queste ora spese nelle più svariate attività è tempo che dovrete sottrarre a quello libero a vostra disposizione, o in alternativa pagare qualcuno che se ne occupi al posto vostro. 

Comunque la si guardi non si può negare che sia una voce importante nel computo economico totale dell’investimento, e tanto maggiore è il valore del vostro tempo tanto meno remunerativa diventerà la rendita da affitto! Pensateci bene la prossima volta che calcolerete un possibile ritorno di quel bell’appartamento che avete adocchiato! 

Tenendo conto di tutti questi fattori emerge un quadro molto meno positivo di quello che ci si aspetterebbe. 

Se è vero che il rendimento lordo medio che un immobile può generare è superiore anche al 7%, tutto cambia drasticamente quando andiamo a calcolarlo al netto di tutte le spese da affrontare. 

Da un’elaborazione dati del Sole 24 Ore emerge come il rendimento netto medio di un immobile, con le dovute differenze tra regioni e quartieri abitativi, si aggiri tra il 2 e il 3%. 

Di certo percentuali che non fanno strabuzzare gli occhi, specie tenendo conto dell’ultimo punto della lista. 

Questo dato merita ancor più considerazione se messo in relazione con i possibili rendimenti offerti dal mercato mobiliare, dove con meno sforzo è possibile conseguire i medesimi risultati con moderati rischi, basti pensare che al momento della stesura dell’articolo i Treasury americani a 5 e 10 anni offrono circa il 3,5% 

Abbiamo così visto che, come spesso accade, le soluzioni sono semplici solo quando manca qualche pezzo al puzzle. Gli investimenti immobiliari devono essere trattati con la massima serietà e attenzione, possibilmente solo in seguito a studi approfonditi o con l’aiuto di professionisti seri con esperienza nel campo. Vediamo però qual è la situazione a livello macroeconomico nel Bel Paese. 

Gli Italiani, come dicevamo prima, sono molto affezionati all’investimento immobiliare secondo il motto per cui “il mattone non tradisce mai”. Questa credenza ha preso piede nel periodo di iperinflazione degli anni ’70-’80, quando il prezzo nominale delle case saliva continuamente, senza però tenere conto della galoppante inflazione che portava ad avere una perdita in termini reali. 

Ma allora perché questa credenza errata persiste ancora oggi? 

Come spesso accade la risposta possiamo trovarla in un fattore psicologico. Una volta acquistato un immobile nessuno si sogna di controllare il valore quotidianamente, anche perché non è un’operazione semplice come entrare nel sito del nostro intermediario e controllare gli asset finanziari del nostro portafoglio d’investimenti. Questo induce un mal riposto senso di fiducia nel prezzo dell’immobile, e che questo rimanga almeno costante nel tempo se non addirittura in aumento. La verità dei fatti è ben diversa. Nonostante i proprietari di case credano il contrario, negli ultimi 10 anni il prezzo medio di questo asset in Italia è sceso del 30% circa. Ancor più preoccupante è la situazione messa a confronto con i risultati del mercato europeo nello stesso periodo. 

Secondo dei dati presi su EUROSTAT l’evoluzione del prezzo di una casa in Italia, è in forte calo, soprattutto se paragonata con il resto d’Europa. 

Se vi state domandando il perché di questo calo rispetto a un mercato in crescita dobbiamo fare qualche considerazione in più sulla situazione in cui versa il nostro Paese. 

Al primo posto troviamo sicuramente il fatto che, da almeno 20 anni, l’Italia non cresce economicamente, con tutte le problematiche che questo comporta. 

Una situazione economica instabile, con salari bassi (anche qui unico paese europeo in decrescita), disoccupazione giovanile alle stelle e precariato sempre più diffuso non sono basi adeguate alla richiesta di un mutuo, tanto meno lasciano certezze sufficienti a chi quel prestito dovrebbe concederlo! 

Aggiungiamo poi la situazione demografica poco rosea, per utilizzare un eufemismo, che colpisce l’Italia molto più che altri paesi europei. Anche questo fattore contribuisce a limitare la domanda, mentre l’offerta si fa sempre più ampia grazie a patrimoni di intere famiglie che confluiscono a figli unici, i quali si ritrovano proprietari di troppi immobili e di conseguenza decidono di liquidare parte delle loro posizioni. 

A una valutazione generale della situazione è bene far seguire un’analisi più circoscritta di quello che sta avvenendo nell’ultimo periodo. 

Ci troviamo di fronte a un’economia in forte pericolo in tutta la zona euro a causa dei vecchi strascichi ancora legati al COVID e nuovi problemi causati dai recenti avvenimenti geopolitici che hanno catapultato il vecchio continente in una situazione di crisi energetica con potenziali effetti disastrosi. 

Ciliegina sulla torta è l’aumento esponenziale dell’inflazione che rischia di condurre a una situazione di stagflazione, ossia quel terribile evento economico nel quale l’economia è stagnante ma l’inflazione continua a crescere spinta da fattori di produzione e non di consumo. 

Per far fronte a questi eventi la BCE ha necessariamente provveduto a un marcato rialzo dei tassi, processo di cui non si è certi quando si potrò metter fine ma che di certo avrà impatto su tutta l’economia europea, e in particolare quella italiana. 

In particolare, l’impatto del rialzo dei tassi sul mercato immobiliare lo avremo attraverso l’Euribor, ossia quell’indice di riferimenti per i tassi a cui vengono erogati i mutui. Questo significa mutui tendenzialmente più costosi e di conseguenza una domanda che tenderà ad abbassarsi; un aumento delle rate metterà fuori gioco coloro il cui reddito non supporta più un prestito che mesi addietro avrebbero potuto affrontare con tassi più bassi, e diminuirà anche la richiesta di mutui da parte di chi potrebbe comunque permettersi di pagare rate più elevate. 

A fronte di costi dei mutui in salita è ben difficile che i prezzi del mercato immobiliare italiano possano salire dopo dieci anni di denaro (quasi) gratis in cui sono invece scesi del 30%. 

E’ invece assai più ragionevole ipotizzare che l’aumento del costo dei mutui provocherà una ulteriore discesa dei prezzi nominali, a cui si sommerà anche l’aumento dell’inflazione, rendendo l’investimento immobiliare fonte di sicure perdite reali. 

Ci sono ulteriori fattori da prendere in considerazione, come la prossima revisione del Catasto che dovrebbe portare a un allineamento tra il valore catastale degli immobili e quello di mercato, piuttosto che la tanto temuta tassa patrimoniale che, nel caso fosse approvata, avrebbe sicuramente un impatto importante sui proprietari di diversi immobili. 

Tutte queste argomentazioni meriterebbero un approfondimento dedicato che esula dallo scopo dell’articolo di fornire una panoramica generale sugli investimenti immobiliari e sullo stato di salute del relativo mercato.

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