UN IMPRESCINDIBILE ATTO DI RESPONSABILITÀ

La pianificazione successoria e patrimoniale. 

IL PROBLEMA…. 

Durante l’arco della giornata, da quando ci svegliamo la mattina, fino a alla sera che torniamo a letto, a noi tutti capita di pensare che coloro che amiamo, alla moglie o al marito, al partner, alla persona con cui condividiamo un progetto di vita, ai nostri figli, piccoli o grandi che siano, ai nostri genitori, forse ai nonni, ai fratelli, agli amici di sempre. 

Magari al mattino ci facciamo poi distrarre dalle cose di lavoro, dal fatto che sta per scadere l’assicurazione dell’automobile, che c’è la rata del mutuo da pagare (e l’ipoteca pesa talmente tanto sulla nostra tetto che il tetto necessita di una sistemata), dalla spesa da fare e che dovremmo anche cucinare, altrimenti questa sera tocca alla solita pasta al volo scondita o, se siamo fortunati, ad un polpettone confezionato che tutto sembra tranne che commestibile. 

Però abbiamo problemi di indigestione, forse è gastrite, e allora sulla lista della spesa bisogna aggiungere una bottiglia di Chianti per dimenticare, così trasformiamo la gastrite in ulcera. Ma a questo ci penseremo dopo cena. 

Ora dobbiamo pensare a lavorare, a produrre, a fare soldi, a creare ricchezza. Sono solo le 7.30 del mattino di un venerdì qualsiasi e già siamo oberati di pensieri. Siamo stanchi. Ma per fortuna è venerdì. Fosse stato lunedì… 

Se è così davvero, dire che le persone non percepiscono i loro problemi sarebbe maledettamente inesatto. Li percepiscono fin dal primo momento in cui, la mattina, aprono gli occhi. 

Il guaio sta proprio negli occhi. 

Quegli occhi che vedono la vita, la famiglia (in senso ampio) ed il patrimonio, da un punto di vista storico o statico. Osservando quello che c’è, che è conseguenza di quanto già successo. Guardano al passato, vedono l’evento che già si è materializzato. E’ già accaduto, non è più un “potenziale”. 

Per pensare al “potenziale” beh… bisognava pensarci prima. Bisognava pensarci in prospettiva. 

IL CONTESTO

79.596 sono stati i testamenti pubblicati nel 2018. Confrontando questo dato con i decessi dell’anno precedente, in considerazione che il termine massimo per la presentazione della dichiarazione di successione è di 12 mesi dall’apertura della successione, cioè di un anno dalla morte, si rileva come solo il 12,26% degli italiani abbia redatto un testamento.  

Il problema, come sempre, non è tanto il dato in se stesso, quanto la sua conseguenza. 

Se solo il 12,26 % degli italiani ha redatto un testamento, significa che solo una successione su otto si è aperta sulla base di un testamento e che, specularmente, l’87,74% delle successioni sono legittime, cioè regolate dalla legge. 

LA LEGGE

L’impianto normativo che governa il passaggio della ricchezza da un soggetto ad un altro a causa di morte si chiama “Codice Civile” e risale al 1942. 

Sono passati quasi ottant’anni e sembra lecito dubitare della sua attualità. Inattualità non significa imperfezione, al contrario. Il sistema, per la verità, è perfetto. 

O meglio, sarebbe perfetto, se il tessuto economico e sociale odierno fosse tale e quale a quello del 1942. 

Inattualità allora significa inadeguatezza. 

Prime nozze e seconde nozze, separazioni, divorzi, addebiti, figli di primo letto e figli di secondo letto, a volte anche di terzo letto, famiglia disunite, ricostituite, allargate, internazionali, convivenze artigianali, coppie di fatto registrate, unioni civili, figli unici, fratelli e sorelle, nipoti, vedovi, amici, disabili, persone ultracentenarie, persone non autosufficienti. 

Tutto lasciato al caso. 

Il legislatore, se ne abbia pietà, non riesce sempre a stare al passo coi tempi. Per la verità, però, ne è perfettamente consapevole perché espressamente e ragionevolmente lascia all’autonomia privata (cioè alle scelte di ogni persona) uno spazio molto ampio che non può essere sfruttato. La legge dice una cosa simile: “disponi tu in ordina alla tua successione, decidi tu a chi lasciare e quanto lasciare, con qualche limite che ti impongo io. Possibilmente scegli tu anche che cosa attribuire. Pensa tu a chi dovrà portare avanti la tua azienda. Se non lo fai tu, dovrò farlo io e poi forse il giudice, nel caso con sorteggio a sorte”. 

Così dice. E gli strumenti per predisporre un regolamento aderente alla volontà di ciascuno di noi ci sono, eccome se ci sono.  

LE IMPOSTE DI SUCCESSIONE. 

Attualmente, le nostre imposte di successione e donazione sono tra le più basse d’Europa, a fronte, per alcuni parenti, di franchigie di esenzione, ossia soglie al di sotto delle quali non si applica la tassazione, tra le più alte. 

A rendere il tutto ancor più paradisiaco, teniamo conto che le imposte si applicano alla massa ereditaria, al netto dei debiti nonché dei beni esenti, come ad esempio i Titoli di Stato, le automobili, le prestazioni pensionistiche complementari, il TFR, le prestazioni assicurative. Gli immobili, poi, ma probabilmente ancora per poco, vengono tassati al loro valore catastale e non commerciale. 

Ad esempio, per il coniuge (cui è equiparata l’altra parte dell’unione civile) e per i parenti in linea retta, quindi discendenti ed ascendenti, è prevista una franchigia di un milione di euro ed un’aliquota successoria, per l’eccedenza, del 4%. 

L’aliquota massima, prevista per parenti di grado più lontano o per altri soggetti (tra cui il convivente, ancorchè registrato) è di solo l’8%. Un figlio francese che dovesse ereditare beni dal genitore avrebbe una soglia di esenzione di 100 mila euro ed un’aliquota progressiva, in base all’entità del patrimonio ereditato, che va dal 5 al 45%. Quello tedesco, invece, beneficerebbe di una franchigia di 400 mila euro  sul patrimonio eccedente verrebbe applicata un’aliquota minima del 7% e massima del 30%. Un figlio spagnolo, infine, avrebbe una soglia esentasse di soli 16 mila euro e un’aliquota progressiva che va dal 7% al 34%.  

Le aliquote massime in Francia, Germania e Spagna sono, rispettivamente, del 60%, del 50% e del 34%. Contro il nostro 8%. 

Gli inglesi sono meno creativi e più democratici: applicano un’aliquota fissa del 40%, indipendentemente dal rapporto di parentela che lega l’erede al defunto. 

Questo, purtroppo, non vuol dire essere i primi della classe. 

L’OCSE è chiara in merito: “la tassazione delle successioni può essere uno strumento importante per affrontare la disuguaglianza, in particolare nell’attuale contesto di divario di ricchezza persistentemente elevata e nuove pressione sulle finanze pubbliche legate alla pandemia di COVID-19”. 

Insomma, le tasse di successione, in particolare quelle che mirano a livelli relativamente elevati di trasferimenti di ricchezza, possono ridurre la concentrazione della ricchezza e migliorare le pari opportunità. 

E considerando che l’Italia ricava dall’imposta di successione una quota del gettito fiscale totale che tende allo zero, pari solo allo 0,11%, contro la media OCSE di mezzo punto percentuale, un aumento della tassazione sul passaggio di ricchezza a causa di morte o per donazione non sarebbe poi così assurdo. L’incasso da tale imposta ammonta allo 0,05% del Prodotto Interno Lordo, contro un’entrata dello 0,61% in Francia. 

LA RIFORMA DEL CATASTO

A ciò si aggiunge la riforma del catasto, che è già legge

Il valore catastale degli immobili è sostanzialmente rimasto fermo al mercato immobiliare degli anni ’80. Esso non è più idoneo a rappresentare il valore reale degli stessi, sia perché nel tempo talune aree geografiche hanno acquistato valore, mentre altre ne hanno perso, sia perché la rendita catastale non è stata corretta per l’inflazione. Il calcolo del valore catastale basato sui vani anziché sui metri quadri, inoltre, non è considerata una valutazione adeguata. 

L’intento è allora quello di abbandonare la valutazione dimensionale degli immobili in base ai vani, a favore invece dei metri quadri, e di utilizzare come valore fiscale dell’immobile non il “vecchio” valore catastale, ma il valore commerciale dei beni rispecchiando così il loro reale valore di mercato. Dai dati statistici notarili relativi all’anno 2020 emerge un dato interessante: Rispetto al primo semestre, le donazioni di beni mobili sono aumentate del 72%, mentre quelle dei beni immobili sono aumentate del 56%. L’intento è quello di anticipare il passaggio generazionale di ricchezza per sfruttare le attuali aliquote fiscalmente favorevoli. 

La donazione, per quanto sia un ottimo strumento giuridico per il passaggio di patrimonio, va ben pianificata e compresa a fondo. Non è ammesso il “fai da te”. Poiché non solo comporta problemi in ordine alla commerciabilità dei beni donati, qualora si tratti di immobili, ma potrebbe anche ledere la quota di legittima di eventuali eredi legittimari (cioè coloro ai quali la legge necessariamente riserva una quota del patrimonio), la donazione va inserita in un progetto patrimoniale più ampio, che tenga conto degli scenari familiari e patrimoniali attuali e futuri. Forse non è allora un caso che la parola inglese “gift”, cioè dono, in tedesco significa “veleno”. 

SE NON VIENE FATTO UN TESTAMENTO

Le imposte di successione e donazione, lei visto, sono attualmente molto basse, a fronte di una franchigia di esenzione di un milione di euro per ciascuno dei parenti più stretti. Così, se eredi fossero il coniuge a due figli, ognuno di essi beneficerebbe della propria franchigia, per un totale di tre milioni di euro esentasse. Per patrimoni medio piccoli , allora, la pressione fiscale potrebbe non essere un problema. Se aggiungiamo anche il fatto che le imposte cadono sul valore catastale degli immobili(spesso 1/3 del loro valore venale) e che molti beni passano di mano in totale esenzione, i costi che conseguono ad una successione sembrerebbero l’ultima delle criticità. 

Se non viene fatto un testamento purtroppo tutti beni del defunto passano in percentuali a tutti gli eredi. E quindi si troverebbero tutti proprietari di tutto in quota parte. Questo aumenta i costi sensibilmente.

Infatti le imposte di successione e donazione non siano gli unici oneri che gli eredi si trovano ad affrontare: le imposte ipotecarie catastali, i costi per la divisione della comunione ereditaria(che in caso di successione legittima nasce sempre, senza eccezioni), i costi notarili. Se non si trova un accordo unanime, il che tendenzialmente accade quando più teste si trovano a dover decidere in ordine ad un’unica questione, si aggiungono la parcella dell’avvocato, le spese giudiziarie e forse la tariffa per le sedute dallo psicologo. Ah, e il tempo che passa…. Che, a differenza di qualsiasi altro costo, non è recuperabile da un futuro guadagno.  

“Ci disturba l’imposta di bollo a 34,20 euro e ci affanniamo per richiedere vari preventivi per l’assicurazione RC Auto, ma non pensiamo all’integrità del nostro patrimonio, quando, necessariamente, dovrò essere trasmesso a qualcun altro. E’ paradossale.” 

UN CASO COMUNE

Fatti una domanda molto semplice: che cosa succederebbe se un padre venisse a mancare, lasciando la moglie e due figli? 

Non c’è nulla di più scontato: si apre una successione legittima e tutti i suoi beni passano alla moglie ed ai due figli, idealmente un terzo ciascuno. 

Ciò che non è ovvio, è che pur in una situazione così banale, si nascondono una serie di problematiche. 

Tutto il patrimonio cadrà in comunione tra la moglie e i due figli che, presumo, saranno molto uniti, tanto più dopo la perdita, rispettivamente, del marito e del padre. Ciascuno di loro riceverà un pezzettino di tutto: della casa, dei mobili, del conto corrente, dei titoli, dell’autovettura, della barca, dell’azienda, dei gioielli, della bottiglia di Chianti e della collezione di Whisky.  

Molti di questi beni non si possono dividere comodamente in tre parti, come se fossero dei panetti di burro. E se anche, supponiamo, vi fossero tre immobili, uno per ciascuno, il loro valore potrebbe essere notevolmente diverso. Entrambi i figli vorrebbero la casa al mare. Forse ora iniziano a non essere più così uniti. E quindi litigano. 

E sappiamo che se i litigi tra bambini si risolvono facilmente con qualche strattonata di capelli, le discussioni tra adulti finiscono in tribunale. 

Il padre, quand’era in vita, potrebbe aver donato dei beni ai figli, i quali, in caso di successione, verrebbero ri-attratti alla massa ereditaria per essere divisi tra coniuge e figli. E se anche il valore di questi doni, al momento dell’atto di donazione, era il medesimo, ora potrebbe essere differente, e anche di molto. Uno dei due fratelli allora dovrebbe restituire di più o ricevere di meno. E quindi litigano.  

Il tempo passa, i costi da sostenere aumentano, la serenità psicofisica si azzera e, prima che si sblocchi la situazione con una divisione giudiziale, purtroppo potrebbe fare a tempo a morire anche la madre. E se muore la madre, che cosa succederebbe? 

Anche qui la risposta è semplice e scontata: passa tutto ai due figli, metà e metà, ma pur sempre in comunione. 

Ed il gioco ricomincia daccapo: comproprietà, beni non comodamente divisibili, costi di divisione, disaccordi, avvocati, giudici. Tutto il patrimonio è bloccato. E alla fine non resta nulla. 

UN “DOVERE CHE INCOMBE AD OGNI BUONO E PREVIGENTE GENITORE”. 

Riporto uno spezzone di un testamento dal libro di Salvatore De Matteis, intitolato “Essendo capace di intendere e di volere”. 

“Col presente testamento olografo scritto, datato, letto e sottoscritto di mio pugno, sano di corpo e di mente, pensando alla fragilità della vita e al dovere che incombe ad ogni buono e previgente genitore di sistemare a tempo debito le sue faccende per evitare tra i suoi figli, dopo il decesso, motivi di discordia e litigi, lascio le presenti disposizioni di mia ultima volontà, guidato in esse da quel Divino sentimento di immutabile affetto paterno uguale e inteso per tutti, mai smentito, che fu il diapason costante di tutta la mia onesta e laboriosa esistenza…” 

Mi sembra che non ci sia altro da aggiungere. 

La pianificazione successoria e patrimoniale è un atto di responsabilità. 

Ci sono persone che assicurano l’iPhone o addirittura il televisore nuovo da chissà quale rischio e non si preoccupano di assicurare la propria vita. 

Altri invece pagano mille euro all’anno per una Kasko e nemmeno pensano a cosa potrebbe succedere alle loro famiglie nel caso in cui dovessero perdere la capacità di produrre reddito, forse l’unico reddito, in conseguenza di una invalidità o inabilità. 

Poi ci sono gli imprenditori, grandi uomini e grandi donne, che coprono il capannone, gli uffici, i macchinari, le merci da possibili incendi, furti, alluvioni, tempeste di cavallette, invasioni degli alieni. E non assicurano il 

loro “Key man”, le sue idee, le sue conoscenze e le sue competenze. Alcuni non conoscono le caratteristiche della forma giuridica della loro società e non sanno cosa dice il loro statuto societario qualora uno dei soci dovesse venire a mancare.  

LE REGOLE DEL GIOCO. 

Se non conosci le regole del gioco o le conosci, ma non te ne curi, potresti essere ammonito. Nel rugby, quando si placa un giocatore in aria, si rischia un il cartellino rosso. E’ un’azione di antigioco, è un gioco pericoloso. 

La stessa cosa vale quando non pianifichi, quando lasci che per te decida un codice di quasi ottant’anni e poi magari un giudice qualsiasi, quando scegli di subire una decisione standardizzata che forse ti va bene, ma forse anche no. 

E’ un gioco pericoloso. E’ quel rischio che potrebbe trasformarsi in danno. 

E QUINDI? 

Te lo ricordi il signore di prima? 

Lui in realtà ha conosciuto un consulente patrimoniale ed ha fatto le cose per bene: ha deciso. 

Ha evitato il nascere di una comunione ereditaria, riducendo non solo la possibilità che insorga un litigio, ma anche tagliando i futuri costi. 

Ha tutelato maggiormente la moglie, pur impedendo il rimbalzo successorio e quindi una duplicazione di imposte. 

Ha attribuito specificatamente i restanti beni tra i suoi due figli, tenendo conto delle donazioni effettuate. Ora avranno ben poco su cui litigare. 

Ha assegnato tutto in maniera ottimale, senza rischiare di ledere la legittima, ha preso in considerazione ogni aspetto della sua patrimonialità, ha fatto del bene alle persone a lui più care. Quel signore ha pianificato e, a differenza di tante altre persone che la mattina si svegliato si ritrovano a dover reprimere un momentaneo sentimento di indignazione, lui è sereno perché non ha nulla di cui indignarsi. 

Perché ha messo in tutela sé, la sua famiglia ed il suo patrimonio.

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